Parte Prima
Quegli indimenticabili momenti del 23 ottobre 1983
Alle 06:25 del 23 ottobre 1983 le
lancette di molti orologi si fermarono definitivamente.
Mentre una parte del contingente
italiano si svegliava, un boato squarciava il silenzio e
scuoteva i sobborghi meridionali di Beirut. L’eco si
espandeva oltre le colline Druse, al di là la costa
mediterranea di Beirut. Tutti rimanemmo frastornati dal
rumore assordante del boato e mentre cercavamo di capire
cosa fosse accaduto dirigevamo lo sguardo a sud, da dove
provenivano il forte rumore ed una lunga colonna di
fumo.
Passarono pochi secondi e l’aria venne
mossa da un secondo boato, ancora più vicino del primo,
che riempì quegli
interminabili istanti di silenzio.
Ci si rese subito conto che qualcosa di
grosso era accaduto e stava accadendo: il primo boato
arrivava da sud, in direzione dell’aeroporto e della
base del contingente americano; il secondo invece da
nord ovest, in direzione del contingente Francese e
limite del settore nord del contingente Italiano. Per
fortuna, una terza esplosione non arrivò mai. Anche noi
avremmo potuto essere presi di mira come terzo obiettivo
di quell’attacco.
La situazione a Beirut era drammatica.
Si ragionava con estrema velocità ed evidente era il
fatto che qualcuno avesse bisogno di noi, del nostro
aiuto e con tempi immediati. Dopo pochi istanti di
perplessità arrivo l’ordine dalla sala operativa del
comando di partire in direzione delle basi Marines USA e
di quella Francese.
Prima dell’ordine dalla sala operativa
Genio 1, il comandante del Plotone Genio Pionieri,
Tenente Mario Rosati,
ricevette via radio la seguente comunicazione da
Condor 1, Gen. Franco Angioni comandante del contingente
italiano:
Generale Franco Angioni –Condor1
C1
-“genio
1 da condor
1”
G 1 “avanti condor 1 genio 1 in ascolto”
C 1 “
approntare macchine operatrici
movimento terra, carri gru e carri Leopard e attendere
ordine di
partenza, è urgente intervenire ,approntare due
aliquote, in aiuto alle basi Americane e Francesi “
G 1
“
uomini e mezzi pronti condor 1 !! “
C 1 “
bene riceverete ordine di
intervento a breve “
Tenente Mario Rosati – Genio1
Quel
“breve” stava a significare che ci saremmo mossi sotto scorta in
quanto la situazione non era ancora ben definita. Il
Plotone Genio inviò quattro squadre di pionieri alla
base dei Marines e due squadre alla base dei
paracadutisti Francesi.
Arrivati alla base Americana ci si
palesò davanti lo scempio di corpi maciullati dei
Marines; di corpi straziati dall’esplosione e
scaraventati a decine di metri di distanza dalle loro
brande; delle urla provenienti da sotto quell’ammasso di
macerie; di una palazzina a quattro piani accartocciata
su se stessa come una fisarmonica. Come se non bastasse,
la polvere a ricoprire ed offuscare tutto, come in un
film dell’orrore.
Sul posto erano arrivate nel frattempo
alcune pale meccaniche escavatrici dei libanesi per
rimuovere le macerie con il rischio di fare scempio dei
corpi di uomini rimasti incastrati sotto le macerie e di
ridurli a brandelli così facendo.
Genio 1 chiamò immediatamente tutti gli
uomini del plotone imponendo che si bloccassero le
operazioni di rimozione delle macerie. Gli uomini del
plotone si sparpagliarono per tutta l’area interessata e
chiamarono a cenni sia i Marines sia i loro ufficiali a
rapporto da Genio 1, compresi i libanesi che erano
arrivati con qualche pala meccanica
Fornita la spiegazione di come operare
- e cioè di come sollevare i solai di cemento dei
quattro piani accatastatosi uno sull’altro - Genio 1
divise l’area in 4 zone ed assegnò alle squadre i
diversi quadranti della palazzina.
Gli uomini del genio cominciarono ad
operare con l’aiuto dei Marines e dei libanesi,
lavorarono per giorni e giorni in quell’inferno di
morte, senza tregua, senza mangiare, senza dormire.
Tutti speravano in un miracolo: ogni
attimo che passava portava via con sé la possibilità di
trovare uomini ancora vivi sotto le macerie.
Nonostante tutto, il loro impegno era
ineguagliabile.
Sporchi, affaticati, sudati, con
qualche graffio qua e là sulle carni per scavare sotto
le macerie anche con le mani, erano incuranti dei
pericoli che potevano correre. I resti della palazzina
potevano crollare, potevano verificarsi altre
esplosioni, anche a causa delle munizioni dei marines
rimaste sotto le macerie.
Niente di tutto ciò li fermava: guidati dal loro
comandante il Tenete Mario Rosati, avevano il solo
obiettivo di non lasciare nessuno uomo indietro, sotto
le macerie, a morire.
Purtroppo, da quelle macerie
affioravano continuamente feriti in gravi condizioni o
in fin di vita, cadaveri, resti umani. I feriti venivano
ricoverati negli ospedali militari, compreso quello
Italiano. Molti venivano trasferiti sulle navi americane
oppure inviati in Germania per le cure più particolari.
Dopo giorni di lavoro intenso le
operazioni di soccorso terminarono e pian piano tutti i
genieri cominciarono a tornare alla base di Italcon; nei
loro ricordi rimasero forti le immagini di quei giorni e
di qui corpi, di quei ragazzi estratti vivi dalle
macerie. Nei loro pensieri anche il desiderio di poter
ritrovare un giorno qualcuno di quei ragazzi e poteri
dire “Io c’ero.
Io ero li con te”.
Trent’anni dopo il comandante di
quell’unico Plotone Genio, Mario Rosati, è ora il
titolare di un’azienda di trasporti di nome DELTA
LOGISTICA e con sede in Aprila in provincia di Latina.
Alla fine del mese di settembre 2013 giunse in azienda
la telefonata, emozionata, di una donna dall’accento
italo-americano: “Mi chiamo Rita Esposito, moglie di
Jake Schneider un Marine degli Stati Uniti d’America e
vorrei parlare con Mario. Jake è un marine che tu hai
salvato a Beirut nel 1983 dopo l’attentato ai Marines.
Dopo trent’anni ti ha rintracciato ed è qui con me.
Ti vuole parlare”.
Avevo la cornetta in mano e non potevo
più respirare tanta era l’emozione di parlare con un
uomo che all’epoca aveva solo 20 anni e che ora stava
cercando di dirmi grazie per qualcosa che avevo fatto 30
anni prima e che avevo dimenticato. Certo, stava per
avverarsi il sogno di poter incontrare uno di quei
ragazzi sopravvissuti all’ecatombe di quel 23 ottobre
del 1983.
Rita Esposito moglie di Jake Schneider
La voce di Jake era più tremolante
della mia e dopo qualche parola in inglese e in italiano
mi commossi profondamente. Lo stesso, sono certo,
accadde anche a Jake che tra le lacrime mi invitò ad una
cerimonia di commemorazione - il 30° anniversario
dell’eccidio dei Marines del 23 ottobre di Beirut - che
si sarebbe svolta negli Stati Uniti dopo circa 15
giorni. Purtroppo non mi fu possibile partecipare ma
prima di salutarlo gli promisi che avrei fatto di tutto
per incontrarlo, presto. E così è stato.
Jake Schneider a Beirut
e Jake in ospedale ferito in Germania
Jake Schneider oggi
A
seguire, una lettera (testo originale) che Jake inviò
via mail al cavalleggero Mauro Mellone.
To my Beirut family and Navy & Marine Corps Brothers;
Lieutenant (Tenente - in Italian) Mario Rosati was in
Beirut in the Italian Contingent (ITALCON) of
multinational forces in Lebanon. He came to our search &
rescue for us and a Brother in arms can be, as was
Italian Army Cavalryman Mellone Mauro who diligently
facilitated reconnecting with us. Mauro tactic
patrolling kept insurgents out other our wire!
I searched years to find Tenente (Lt) Rosati. He was a
Combat Engineer, highly competent and was the only
incident commander on ground zero of in the aftermath of
the destruction entrusted with the delicate plan of
extracting the wounded & buried survivors and respectful
recovery of our honored fallen Brothers from the rubble.
His unswerving devotion to duty was never quite
heralded. It was nothing short of heroic. I learned of
this after reading Eric Hammel book " The Root".
Ten. Rosati found the most capable P & H cranes to
timely accomplish the mission around the clock working
night & day without regard for accolades! Only now is
there story disclosed in the media.
Please join us in welcoming a Beirut brother in arms!
As well as all our Fratelli; the men of the Italcon!
Questa è la bandiera che Jake ha portato con sé, in giro per il
Mondo in tutte le missioni a cui partecipava con la
speranza di incontrare il suo proprietario! Ed oggi
posso dire. Grazie di esistere Jake, simbolo di vita e
di immensa gratitudine.
Seconda parte
Quando la storia passata e la vita si rincontrano grazie ai Social
Network.
Vi presentiamo Stefano Mancuso,
ragioniere, preparatissimo di storia contemporanea, di
missioni estere italiane all’estero e straniere.
“Cosa ricordo
degli eventi drammatici del 1982 - 83? Parlo del Medi
Oriente.
Avevo appena 10
-11 anni, ed ero, come tutti i ragazzini intento in
altre faccende.
Ma i ragazzi la
notte quando stanno per addormentarsi ascoltano i
discorsi degli adulti, un po' perché sono curiosi, un
po' per capire certe cose più grandi di loro.
Papà parlava con
mia mamma e ogni tanto si chiedeva:
perché mai,
mandare dei militari di leva a rischiare
la vita in un
paese pericoloso come il Libano?" E mia madre
ovviamente: "quante
madri staranno in piedi la notte pensando al figlio a
rischiare la vita in quel posto.
Si sperava tutti,
noi compresi, pure se poco conoscevamo e capivamo di
guerre e di politica che i ragazzi tornassero presto.
Cinque
eventi ho fissi nella mia mente riguardo a quella
estate-autunno del 1982 e del 1983 riguardo al Libano,
quelle cose che ti entrano nelle orecchie quando sei un
bimbo, e non dai troppa importanza, proprio perché cose
da adulti:
- ad agosto quando
i nostri soldati arrivarono a Beirut durante la tregua
imposta da Reagan, mentre Ariel Sharon e i suoi ragazzi
giocavano al gatto e al topo con Arafat e i suoi Fedayn;
- a settembre prima che i nostri soldati tornassero, il
massacro di Sabra e Chatila (ovviamente non sapevamo il
perché di quella carneficina);
- l'attacco alla
sinagoga di Roma, in cui venne ucciso anche un bambino
ebreo.
Riguardo al 1983 l'uccisione del marò Montesi, e ad
ottobre, ricordo bene quella mattina, l'attacco
dinamitardo al quartier generale Usa e Francese a
Beirut.
Passarono gli
anni, e la mia passione e curiosità per la storia mi
portarono a seguire anche le vicende mediorientali, mio
padre si era occupato sin da ragazzo della persecuzione
ebraica e della Shoa', quanto dal 1948 si verifica in
Medio Oriente e' anche il prolungamento di quella
tragedia, le cui ferite mai si sono rimarginate.
Ma non è di
politica che voglio parlare.
Voglio parlare di
due soldati, ma prima di tutto di due uomini la cui vita
e' passata da Beirut, ed in vari modi e' stata segnata.
Più o meno ho iniziato ad interessarmi, da semplice
appassionato di storia contemporanea alle vicende
libanesi dopo la guerra del Golfo, attorno ai 18 anni di
età.
Più volte mi è stato chiesto: "Ma perché perdi tempo
attorno ad un paese tanto insignificante come il
Libano?" Io trovo il Libano, come Israele, la Giordania,
la Siria dei paesi straordinari e pieni di contrasti,
sovente crocevia di popoli delle più varie discendenze.
Il Libano poi vive del contrasto- contraddizione fra il
cristianesimo d'oriente, legato anche alla storia
crociata, e l'islam di varie confessioni sciite,
sunnite, alawite, druse, e anche ad una piccola
comunità ebraica che nel 1948, proprio in forza del
laicismo libanese non volle fondersi con quella di
Israele, pagando poi dal 1976 (anno dell'invasione
siriana del Libano) con la deportazione di parte della
sua comunità in Siria per mano dei servizi segreti di
Damasco, che vedevano in questi libanesi ebrei
l'orecchio-occhio di Gerusalemme nel paese dei cedri.
La lettura del
romanzo di Oriana Fallaci "Inshallah" fu il fattore
determinante che mi portò ad approfondire la missione
Italcon in Libano, assieme ad un documentario della BBC
trasmesso dalla tv Svizzera italiana che fra le parole
diceva chiaramente che l'attentato del 1983 era
tranquillamente prevedibile ed evitabile.
Nel 2012, attorno alla
ricorrenza del 23 ottobre 1983, anniversario
dell'attentato Sciita - Pashdaran contro il quartier
generale Hilton dei marines e della marina di Beirut, e
del quartier generale dei parà francesi Drakkar, chiesi
ai Thread di Facebook dei Marines reduci di potermi
iscrivere al loro gruppo.
L'amministratore
del gruppo, piuttosto incuriosito mi chiese per quale
motivo volevo entrare nel gruppo, risposi che ero
appassionato di storia anche contemporanea, e che volevo
fare degli approfondimenti, onorare anche la memoria dei
marines caduti a Beirut.
Lui con il
classico pragmatismo anglosassone mi rispose:
"dirò che sei uno studente di Storia, perché spiegare tutte quello che
mi hai scritto è un po' complicato".
Io che avevo
letto anche "Niente e così sia", della Fallaci e che ero
rimasto appassionato dall'epopea di Khen San in Vietnam,
ero ovviamente felice di essere entrato nel gruppo di
alcuni fra i soldati migliori al mondo.
Pochi mesi dopo
nel 2013, venni curiosamente contattato da un reduce di
Beirut, Jake Schneider, che non sapevo ma era ancora
in servizio permanente effettivo (era
giugno 2013), il quale mi chiedeva notizie di un
ufficiale del Genio Pionieri Mario Rosati, e se potevo
aiutarlo a rintracciare.
In quegli ultimi
due anni avevo visto numerosi documentari di lingua
francese, in cui vi erano spezzoni di telegiornali degli
anni 70 e 80 sul Libano, altri americani, e un nostro
reportage di Gianni Minoli che inizia proprio con le
parole del tenente Rosati riguardo all'attentato
dell'ottobre 1983.
Mario Rosati girò
fra l’altro un bel super 8 che venne inserito in quella
trasmissione del Giornalista della RAI Gino Nebbiolo
www.lastoriasiamonoi.rai.it pagina “arrivano
i bersaglieri” riguardo alla zona della chiesa di St.
Michel, se non erro vicino alla galleria Semaine ex
negozio di mobili, e alla scuola "La Sagesse", uno dei
punti nevralgici della linea verde che tagliava
all'epoca Beirut in due, tra l’altro quella zona nella
Libano 1 venne ripulita delle barricate, proprio dal
Tenete Rosati con il carro Leopard pioniere per
consentire l’esodo dei profughi palestinesi dai campi a
sud di Beirut, (a
ovest Beirut controllata dalle forze mussulmane, e est
da quelle cristiano maronite, e dal quartiere
"dissidente" armeno di Bir Hammoud, gli armeni erano a
est ma sono sempre stati filo-siriani).
Stefano Mancuso
Jake
Schneider era convinto che io fossi un reduce italiano
della missione della forza multinazionale a Beirut,
ovviamente dissi che ero un semplice appassionato di
storia , e alla sua richiesta di
rintracciare Rosati , risposi che avrei fatto il
possibile per aiutarlo.
L’impresa era
ardua e difficile erano passati appena trent’anni,
troppo incognite, avevo solo un nome e cognome, e la
specialità su cui iniziare le ricerche, ma la cosa più
difficoltosa in quale reparto andarlo a rintracciare, se
fosse ancora vivo, non ne conoscevo l’età ed io non ero
militare, non avevo contatti in ambito Forze Armate,
avevo fatto solo il carabiniere di leva.
Provai inizialmente se per caso Mario
Rosati era un iscritto a qualche social network, ma
andai negativo.
Contattati gli amici di Facebook di Italcon Mauro
Mellone, e Pollastrini, il primo cavalleggero del Lodi,
ed il secondo Bersagliere, erano ragazzi che erano stati
in Libano e che avevano una pagina su Facebook. i quali
subito si misero in moto, anche loro naturalmente
entusiasmati dalla storia e mi dissero fra l'altro, di
contattare il Sergente Maggiore Oliva, che era stato il
vice comandante del Plotone Genio di Mario Rosati a
Beirut.
Serg. Magg. Daniele Oliva -Genio2
Passò qualche mese
e Jake si rifece vivo, era quasi l'autunno del 2013,
e pochi giorni dopo quella telefonata "fiume" di
40 - 45 minuti dal Kenia, riuscì ad entrare in contatto
con Mario Rosati.
In quella conversazione feci un bell'esercizio di
inglese, lingua che mi piace ma che non conosco
benissimo, scoprì che Jake era stato di stanza a Napoli
(i marines che intervennero a Beirut provenivano dalla
base nato della "mitica" sesta flotta americana di
Napoli, e dall'altra base nato di Taormina in Sicilia),
e che capiva bene la lingua italiana perché aveva
sposato una ragazza napoletana.
Dopo questo esercizio di lingua inglese infatti ripresi
fiato parlando proprio con la Signora di Jake, parlando
in italiano con Lei.
Quest’anno (maggio
2015) Mario ed i reduci di Italcon e della forza
multinazionale americana e francese si sono trovati ad
un raduno organizzato da Lui a Nettuno.
Credo sia una bella storia di amicizia,
solidarietà, rispetto e fraternità.
Terza Parte
I SOGNI SON DESIDERI, NASCOSTI IN FONDO AL
CUOR...
(Racconta Mauro Mellone)
Erano i primi giorni del mese di Ottobre 2013 e tramite la chat del
nostro Gruppo Facebook “MISSIONE ITALCON LIBANO BEIRUT -
TUTTI I VETERANI DELLE FORZE ARMATE” si mise in contatto
con me un ex Carabiniere di nome Stefano Mancuso il
quale, dopo aver dialogato un po’ sulla nostra Missione
e sul Medio Oriente mi disse che era entrato in contatto
con un Marine, Veterano di Beirut, di nome Jake
Schneider, estratto dalle macerie delle Barracks e
salvato dai militari italiani il 23 Ottobre 1983.
Stefano mi disse che Jake e i suoi compagni Marine ovviamente non
avevano dimenticato i Soldati Italiani che salvarono le
loro vite e mi parlò in modo particolare di Jake che in
questi lunghissimi 30 anni aveva cullato nel suo cuore e
nella sua mente la speranza di poter ritrovare, un
giorno, il Tenente Mario Rosati, per poterlo
riabbracciare e ringraziare di avergli salvato la vita.
Purtroppo, le vicende della vita, la lontananza, le mille
difficoltà della ricerca di un contatto che fosse quello
giusto sembravano essere insormontabili.
Mauro Mellone
Stefano sembrava avere molto a cuore questa vicenda e mi chiese di
fare il possibile affinché il "sogno di questo nostro
fratello Marine" potesse realizzarsi. Mi disse anche:
"Io sono un vostro ammiratore ma non ho partecipato alla
Missione perché quando voi eravate a Beirut io avevo
solo 11 anni e vi seguivo alla TV, sui giornali e
parlavo di voi. Eravate i miei beniamini ed eroi e con i
miei genitori commentavo le notizie che giungevano da
Beirut. Per questo io non posso fare nulla per aiutare
Jake. Tu invece, sicuramente conoscerai e sarai in
contatto con Ufficiali, Sottufficiali e militari che
fecero parte della Missione… aiuteresti Jake a ritrovare
il Tenente Mario Rosati?"
La storia mi appassionò e decisi che in un modo o nell' altro
questa era una Missione da compiere...e risposi senza
esitazione: "Lo farò certamente Stefano! sono o non sono
un Esploratore? Farò anche l’impossibile affinché il suo
sogno si realizzi".
Entrai finalmente in contatto con Jake e in quell' occasione mi
resi conto che per quel nostro fratello Marine il
desiderio di ritrovare Mario era ben più di un
sogno......era una Missione da compiere ad ogni costo.
Dovevo e volevo aiutarlo… terminai la telefonata con
questa promessa:
“…Caro Jake,
ci riuscirò! tu e Mario vi riabbraccerete...contaci!"
Misi immediatamente in moto le ricerche tramite tutti i contatti
del Comando Italcon di cui disponevo fino a quel
momento, purtroppo nessuno pareva essere in grado di
aiutarmi nessuno aveva più avuto contatti recenti con
Mario. Ricordavo, per averlo incrociato spesso a Beirut,
che il Tenente Rosati, pur essendo Comandante del
Plotone Genio, indossava il Foulard color Cremisi dei
Bersaglieri e mi venne la brillante idea di cercare e
provare a mettermi in contatto con il Generale Bruno
Tosetti, già Comandante della LIBANO I e del 2°
Battaglione Bersaglieri "Governolo” durante la LIBANO
II, affinché si unisse a me e mi aiutasse nella ricerca
del Tenente Rosati.
Telefonai al Generale Bruno Tosetti la mattina del 14 Ottobre 2013
e gli raccontai la vicenda di Jake.
Generale Bruno
Tosetti Aquila 1
Il Comandante, un autentico Ufficiale e Gentiluomo, persona
squisita, colta, di gran classe e dotato di una immensa
umanità, rispose al mio appello con entusiasmo da
autentico condottiero armato di uno Spirito
Bersaglieresco senza pari.... sguinzagliò immediatamente
i suoi Esploratori con il Piumetto e in un batter d'
occhio riuscì a reperire il contatto telefonico del
Tenente Rosati… era il tardo pomeriggio del 16 Ottobre
2013.
Telefonai immediatamente a Jake e gli diedi il recapito telefonico
di Mario. Jake era felice, pianse a dirotto dalla
commozione. Io ero felice con lui, da un capo all' altro
dell’oceano, si stava compiendo un
piccolo/grande/immenso miracolo.
La mattina del 17 Ottobre 2013, Mario, totalmente all' oscuro di
tutto e incredulo, ricevette nel suo Ufficio, la
telefonata di Jake.
Quello stesso giorno, fui io a ricevere in ufficio una telefonata
davvero molto gradita... era la voce di un uomo che mi
disse:
"Buongiorno, potrei parlare con il Sig. Mellone Mauro?"....
"Sono io, desidera?"
"Ciao Mauro, io sono il Tenente Mario Rosati, volevo ringraziarti
per quello che hai fatto..."
Nessuno oltre a me, Mario, Jake, Stefano e il Gen. Bruno Tosetti,
può immaginare la gioia di quei giorni, sembrava di
vivere in un film, un film d'azione iniziato 30 anni
prima e con un lieto fine che senza rischiare di
apparire troppo romantici e patetici, assumeva il
significato e i contorni di una favola ed una storia di
Cameratismo, Fratellanza e Amicizia davvero speciale.
Un’ altra
straordinaria MISSIONE COMPIUTA.
I contatti tra me e Mario proseguirono anche nei giorni a venire,
l’entusiasmo di esserci ritrovati e di aver ritrovato
Jake, aveva portato il nostro morale alle stelle. L'
idea di organizzare un Raduno dei Veterani, nacque in
quei giorni all' unisono delle nostre voci e Mario mi
invitò a fargli visita a Nettuno, volevo andare a
trovarlo, così come tenevo molto alla neonata idea di
organizzare un raduno, ma avevo degli impegni già
programmati e non riuscii ad organizzarmi e forse i
tempi non erano ancora maturi e se ripercorro il fluire
della storia, mi rendo conto che il detto popolare:
"ogni cosa a suo tempo, nel nostro caso, assume tutto il
suo significato più profondo"....e così trascorse ancora
quasi un altro anno.
Il 15 Novembre del 2014 un sabato sera organizzammo con alcuni
amici del Gruppo Facebook una serata in pizzeria per
rinverdire i ricordi della Missione. Fui io a proporre
quella serata sulla pagina del Gruppo, e qui il destino
ci mise del suo, perché a quell' incontro vennero nell'
ordine: Fabrizio Megna del BSM oltre a tre soldati del
Genio Pionieri Comandati dal Ten. Mario Rosati.
Uno era Giovanni Simeone, gli altri due erano rispettivamente
Michele Mancarella e Emanuele Guagliardo.
La serata risultò davvero gioiosa e felice, tra ricordi e risate,
accennai ai miei contatti con Mario e al suo invito a
Nettuno, i suoi ragazzi digitarono il numero di Mario e
fu subito entusiasmo assoluto, totale.
Ora esistevano tutti i tasselli del puzzle e le condizioni per
riorganizzarci come a un tempo si decise la data della
visita a Mario: sarebbe stata in occasione del ponte
dell’8 dicembre 2014.
Michele Mancarella, Tenete Rosati
Michele Mancarella, Emanuele Guagliardo e Giovanni Simeone
Giungemmo ad Aprilia, in provincia di Latina, dove Mario gestisce
la sua attività di trasporti.
L' emozione era palpabile e alle stelle, Mario ci venne incontro e
furono lacrime di commozione e abbracci interminabili,
iniziammo a ricordare a raccontare e a raccontarci, a
sfogliare gli album fotografici, i libri, a
scannerizzare documenti per la pagina Facebook del
Gruppo.
Mario era già una locomotiva di idee e di entusiasmo in corsa, io
anche, sulla locomotiva salì senza esitazioni anche
Giovanni."Faremo
nascere l’Associazione Veterani Italcon e organizzeremo
entro l’anno il 1° Raduno Interforze, con o senza
l’aiuto dello Stato Maggiore Esercito", fu questa la
nostra promessa solenne!
Una storia nata 30 anni prima in seguito a una tragedia di
dimensioni bibliche, ove perirono 241 Marines e 58
Paracadutisti Francesi, e che rischiava di cadere per
sempre nell' oblio inesorabile del tempo, veniva
riportata alle luci della ribalta, grazie a un
susseguirsi di eventi straordinari e meno fortuiti di
quanto non sia dato pensare.
Certamente il
destino porta con sè la sua bella dote di casualità, ma
quando si parla di noi soldati di ITALCON, la casualità
assume un valore secondario e quasi irrilevante, perché
oggi come allora, furono gli uomini con la loro volontà,
il loro impegno, il loro entusiasmo, la loro unità di
intenti e la loro fraternità a compiere qualcosa di
importante per la Nazione, per l' immagine delle Forze
Armate e per la Pace......e noi siamo ancora oggi e più
che mai quegli Uomini.
Per questo e
tanti altri motivi Mario Rosati, insieme a noi ha voluto
fortemente la nascita
Dell’Associazione Veterani Italcon Libano 1 e Libano 2.
Questo sito è dedicato a tutti miei
uomini del plotone genio, al mio vice comandante di
plotone Daniele Oliva, al generale Bruno Tosetti, al
cavalleggero del “Lodi” Mauro Mellone e a tutti gli
Italiani di Italcon, ma soprattutto al Comandante U.S.
Navy Jake Schneider.
|